Mr.Burns è un personaggio della serie animata I Simpson. È il cattivo cattivissimo proprietario della Centrale Nucleare di Springfields dove lavora Homer Simpson. Lamenta malanni di ogni tipo e durante una visita medica scopre di avere tutte le malattie esistenti che, però, non lo uccidono perché si controbilanciano fra loro in un assurdo ma efficace equilbrio. In effetti a Montgomery Burns manca perfino la forza per alzare una penna. In una puntata un coriandolo che gli si poggia in testa lo rovescia al suolo, in un’altra una banconota trascinata dal vento lo colpisce al petto lasciandogli un livido con tanto di filligrana. Quando si mette le mani sulle tempie il cranio si affossa e per farlo tornare a posto è costretto a tapparsi il naso e soffiare fuori l’aria dalla bocca. Vi riconoscete?
È vero, non si tratta di una figura esemplare però ha un tratto magnifico: persegue l’eccellenza, un tipo discutibile di eccellenza, ma la segue, la desidera, s’ingegna a costruirla.
Perciò Mr. Montgomery Burns sarà il demone guida di questa rubrica.
Eccellente !
Sfregati le mani. Eccellente. Ripeti questa parola: Eccellente.
In che cosa tu sei eccellente? in cosa vorresti esserlo, come lavori per diventarlo?
E già che ci siamo: che ruolo ha la malattia di parkinson in tutto questo?
Suggerisco che la malattia di Parkinson possa essere la possibilità di tentare l’eccellenza. Se questa idea vi ripugna, se vi sembra ridicola e se vi sentite offesi, bene! siete i lettori ideali di questa serie di interviste. Di volta in volta incontreremo persone con eccellenza in un campo, in una attività, in un’arte o in un artigianato. Le stesse persone sono anche affette dalla malattia di parkinson… e questo cosa c’entra? Lo chiederemo a loro.
La prima intervista a persone eccellenti e dotate di Parkinson nasce da un incontro personale, anzi due: quello con Dance Well e con Eva Boarotto.
La seconda “eroina” che abbiamo nominato è Samantha Vizentin che si presenta e si racconta in questa videointervista rilasciata nel corso dell’evento Walk4Parkinson : Video
Quando ilParkinson è allo stato iniziale, non c’è alcuna controindicazione alla guida di un’auto, quindi a rinnovare la patente per le persone con Parkinson. Il problema sorge negli stadi successivi della patologia, quando sia a causa del progredire del Parkinson sia a causa dei farmaci che si assumono per rallentare il suo processo, vengono a mancare riflessi e la capacità di concentrazione. Ad oggi non viene fatta alcuna valutazione pratica sulla reale capacità di guida del mezzo ne sono previsti programmi formativi specifici o consulenziali circa la scelta del mezzo e/o di eventuali accessori che possono facilitarne la conduzione.
Il Codice della Strada (Dlgs. N. 285/1992) impone che, per il rilascio o il rinnovo della patente, non ci debba essere alcuna patologia invalidante che possa compromettere la sicurezza sia attiva sia passiva alla guida. La valutazione è demandata in gran parte al neurologo che ci ha in cura al quale è richiesto il rilascio di una certificazione di idoneità alla guida sulla base dell’avanzamento della patologia e sull’uso di farmaci invalidanti circa l’attenzione o colpi di sonno (molti farmaci per il Parkinson hanno effetti collaterali incompatibili con la guida e l’uso di macchinari in genere).
Ottenuta una certificazione positiva dobbiamo comunque superare la visita della commissione (composta da medici ed un tecnico della MCTC) che fa una valutazione per il 90% basata sul certificato del nostro neurologo. La commissione ha facoltà di rilasciare rinnovi limitati nel tempo con revisione annuale o biennale (teoricamente il rinnovo dovrebbe essere di 5 anni ma raramente viene concesso). Il costo totale della revisione è a totale carico del malato e varia da regione attestandosi tra i 60 ed i 130€, ci si può rivolgere ad un Agenzia o farla autonomamente.
Tuttavia, come altre persone disabili, il malato di Parkinson può vedersi riconosciuta l’idoneità alla guida a volte con l’obbligo di alcuni adattamenti. A questo proposito, è previsto un contributo del 20% della spesa sostenuta per l’adattamento dei dispositivi di guida nei veicoli delle persone titolari di patente speciale. Ricordiamo che come per molti altri contributi nella maggior parte delle regioni italiane, pur riconoscendone il diritto, il contributo non è spesso disponibile in quanto sottostimato a livello di bilancio e quindi esaurito dopo i primi mesi dell’anno. Alcuni suggeriscono di presentare le richieste relative nei primissimi giorni dell’anno stesso.
La procedura ed i costi per il rinnovo
Il primo passaggio per procedere con il rinnovo della patente di guida per le persone con Parkinson è quello di effettuare due versamenti da un ufficio postale: uno di 10,20 euro sul C/C 9001 intestato al Dipartimento dei Trasporti Terrestri e uno di 16,00 euro a titolo di imposta di bollo sul C7C 4028 (in entrambi i casi si trovano i bollettini in posta). La visita medica, invece, si prenota e si paga direttamente presso la struttura sanitaria. La prenotazione si può fare da 30 gg prima della scadenza della patente. Suggeriamo di effettuarla nei primi giorni disponibili.
Alla visita è necessario portare la seguente documentazione: patente di guida, carta d’identità o passaporto, tessera sanitaria, due foto formato tessera uguali, ricevuta dei due bollettini (10,20 e 16,00 euro), autocertificazione per eventuali patologie, occhiali da vista nel caso in cui il soggetto ne faccia abitualmente uso.
Se la visita dà esito positivo, ovvero attesta l’idoneità psico-fisica del soggetto per il rinnovo della patente di guida, viene rilasciato un documento provvisorio con validità di 60 giorni che ne attesta il rinnovo e la nuova data di scadenza finché non arriverà la nuova patente formato tessera per posta. È bene sapere che il documento provvisorio è riconosciuto solo in Italia, quindi non è consentito guidare all’estero finché non si entra in possesso della nuova patente.
Facciamo notare infine che la nuova procedura prevede la spedizione a casa della patente su appuntamento, una procedura delegata alle Poste Italiane che spesso si esprime in una complicazione ed una ritardo nel ricevimento della stessa, anche in questo caso il costo della consegna di € 6,86 è a carico sempre del malato. La riemissione ogni volta della patente inoltre riporta la data di rilascio aggiornata di anno in anno, questo comporta l’impossibilità per il malato di accedere a servizi di renting e car-sharing che richiedono una patente con validità di almeno due anni (i nostri più fervidi complimenti al legislatore.
Patente di guida e indennità di accompagnamento
L’indennità di accompagnamento non è incompatibile con la patente di guida.
Resta inteso che la Commissione al momento della visita relativa all’accompagnamento, se ritiene che le patologie rilevate possano incidere sull’idoneità alla guida, segnala il disabile alla Motorizzazione che procede alla convocazione a visita per valutare la permanenza della capacità di guida e convertire, se del caso, la patente normale in patente speciale. Nella stessa sede verrà stabilita anche l’eventuale obbligo all’uso di determinati adattamenti alla guida.
Siamo purtroppo costretti a riportare, anche per esperienza diretta, che questo potere della Commissione è usato a volte come “dissuasivo” per il malato a procedere nella richiesta di accompagnamento, ricordiamo che la necessità di accompagnamento significa che il malato ha bisogno di assistenza a svolgere parte o tutte delle funzioni quotidiane, ciò non esclude che possa guidare. Ovviamente il fine della Commissione in questi casi è assecondare le direttive di riduzione delle uscite finanziarie.
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Articolo realizzato dalla redazione del Comitato Italiano Associazioni Parkinson con il contributo dei volontari. Contenuti tratti anche da :
Già intorno alla metà degli anni settanta fu dimostrato che neuroblasti prelevati dal mesencefalo di ratti ed embrioni umani una volta impiantati nel proencefalo basale erano in grado di sopravvivere. Questo ha dimostrato che il cervello è più plastico di quello che si pensava precedentemente e che quindi era potenzialmente “riparabile”. In particolare fu dimostrato che il trapianto nei ratti di neuroblasti dopaminergici era in grado di riparare funzionalmente alcune lesioni indotte che simulano i danni causati dalla neurodegenerazione.
Il centro di ricerca che si è distinto in questi studi si trova presso la Lund University in Svezia.
1987 : primi trapianti su pazienti affetti da malattia di Parkinson
Prof. Olle Lindvall
“Da diversi anni seguiamo l’evento di divulgazione scientifica Bergamoscienza. Nell’edizione del 2014 intervenne anche il prof. Lindvall che presentò i risultati ottenuti dall’utilizzo delle cellule staminali nei pazienti affetti da malattia di Parkinson (primi due pazienti trapiantati nel 1987) ed il monitoraggio della loro vita negli anni successivi. Per avere un riscontro non solo clinico ma anche strumentale e quindi più dimostrabile fu utilizzata la PET eseguita con il marcatore radioattivo Fluorodopa.
Dopo una decina di anni dal trapianto i pazienti sviluppavano ancora solo lievi sintomi della malattia. I risultati si dimostrarono talmente promettenti che successivamente furono trapiantati altri 14 pazienti ed altri centri di ricerca avviarono la sperimentazione.
Parlai personalmente con il prof. Lindvall, il quale mi disse che se fossi stata interessata alla sperimentazione sulle staminali avrei potuto far riferimento alla Dott.ssa Cattaneo, maggior esponente italiano per questi studi, oggi Direttore dell’UniStem, il Centro di ricerca sulle cellule staminali presso l’Università di Milano. All’epoca però le staminali per il Parkinson non sembravano essere una strada perseguibile ma si presentavano complessi, con molti rischi e vicoli ciechi. Primi fra tutti i problemi etici e logistici causati dall’utilizzo di cellule staminali fetali che rendeva impensabile la messa a punto di una terapia su larga scala.” S. Lavore
2017 : Gli studi di Malin Parmar portano una ventata di entusiasmo
I suoi studi entusiasmarono anche altri ricercatori, così la ricerca fu portata avanti contemporaneamente in diversi centri di ricerca ed in breve tempo furono messi a punto diversi protocolli che consentirono di “trasformare” – sarebbe più corretto dire “differenziare” o “specializzare” – questo tipo di cellule in neuroni dopaminergici.
2014 : Video Bergamoscienza
“Considerate il codice genetico come una immense libreria, ogni cellula del nostro corpo è dotata di questa libreria, ma ha creato una sottozona che le permette di utilizzare solo i geni che le servono a svolgere la sua funzione, è questo che permette alle cellule dei diversi tessuti di avere caratteristiche differenti.” Prof. Pierpaolo Di Fiore a Bergamoscienza 2018
2018 : Finalmente nuovi orizzonti
Human Embryonic Stem Cell
La riprogrammazione cellulare ha rivoluzionato la scienza medica ed è permessa dalla legislazione vigente anche in Italia. Nella riprogrammazione cellulare si utilizzano delle cellule adulte prelevate dal paziente stesso, successivamente vengono trattate in modo da riportarle allo stato di cellule staminali capaci di differenziarsi in qualsiasi tessuto desiderato a seconda degli stimoli a cui viene sottoposta (iPSC). Come le cellule staminali embrionali, sembrerebbe che anche queste possano essere utilizzate per produrre neuroni dopaminergici.
Le cellule riprogrammate hanno inoltre il vantaggio di derivare direttamente dall’individuo in cui successivamente varranno impiantate, aprendo la possibilità di sviluppare terapie paziente-specifiche e riducendo i rischi di rigetto.
L’utilizzo di cellule riprogrammate risolve anche il problema etico che invece è presente nel caso di utilizzo di cellule staminali fetali ed embrionali.
Gli studi sono andati ulteriormente avanti, ora le cellule non vengono più riprogrammate a staminali e poi indotte a differenziarsi (questo comportava la possibilità di insorgenza di tumori), ma vengono riprogrammate direttamente in neuroni dopaminergici, le cellule trapiantate così sono già effettivamente neuroni minimizzando il rischio di insorgenza di tumori.
Quindi ? Cosa possiamo aspettarci ?
Tutti noi ovviamente ci aspettiamo il prima possibile la disponibilità su larga scala di terapie sicure ed efficaci ma predire quando è impossibile. La sensazione è che finalmente ci sono nuove prospettive concrete, nuove strade percorribili. Il trapianto di cellule riprogrammate dovrebbe consentire di “rimpiazzare” i neuroni morti e rinforzare il sistema dopaminergico normalmente debilitato nelle persone affette da malattia di Parkinson. Abbiamo chiesto direttamente alla Prof.ssa Parmar conferma che stia partendo proprio in questi giorni un nuovo trial clinico.
“Dear Stefania,
Thank you for your mail and your great work for the Parkinson Community. It is true that we are about to initiate clinical trials in Lund. The first patients will be drafted from our local patients but we hope to reach a wider group as soon as possible.
Articolo a cura di Stefania Lavore e Giulio Maldacea
Note
E` stato recentemente pubblicata una review che illustra i risultati ottenuti, dal 1976 ai giorni nostri, grazie all’utilizzo delle cellule staminali come potenziale terapia per la malattia di Parkinson. (link alla pubblicazione ufficiale in lingua inglese – agosto 2018, Parmar et al. EJN).
ParkinsonPedia è il database georeferenziato con tutte le risorse utili per affrontare il Parkinson in Italia. E’ un progetto, avviato nel 2017, realizzato da WeAreParky con la collaborazione di molti volontari, primo fra tutti Francesco Farina che si è occupato di buona parte del data entry relativo ai centri di cura.
Obiettivo del progetto ParkinsonPedia
Mettere a disposizione di pazienti, caregiver ed operatori un database unico dove ricercare centri di cura, associazioni e qualsiasi altra struttura che possa offrire servizi di supporto.
I dati
Il database al momento presenta i seguenti dati georeferenziati :
Centri di cura e riabilitazione
Associazioni indipendenti
Associazioni aderenti a Parkinson Italia
Associazioni aderenti ad AIP
Associazioni aderenti ad Unione Parkinsoniani
Delegazioni provinciali ANMIC (patronati)
Stiamo lavorando per inserire a breve :
Commissioni provinciali ASL per rilascio patenti speciali
Sedi INPS
Per selezionare i vari livelli di dato cliccare sull’icona in alto a sinistra e selezionarli dal menu a tendina che si apre.
Le altre due icone in alto a sinistra attivano rispettivamente gli strumenti di convidivisione e la visualizzazione a schermo intero. Da quest’ultima modalità di visualizzazione è possibile fare ricerche per testo libero.
Versione beta 1.2 (in fase di test – dati di prova)
Il freezing è un sintomo motorio del Parkinson ma è legato anche ad altre patologie e non solo neurodegenerative. Il freezing si manifesta con una spiacevole sensazione che noi definiamo come “piede incollato“. Non riusciamo ad avviare il cammino o ci blocchiamo improvvisamente. Nel tentativo di procedere portiamo il busto in avanti compromettendo l’equilibrio o facendo passi molto brevi, “da pinguino”. Comunemente il fenomeno ci viene spiegato come un problema di invio dei comandi da parte del cervello agli arti inferiori.
Cause del freezing
Gait analysis
“Nella mia personale esperienza ho potuto rendermi conto di quanto appoggiassi male il piede e quanto la mia postura fosse errata solamente quando in occasione di un ricovero riabilitativo presso la Clinica Villa Bianca di Limbiate (MI) fu fatta un’analisi computerizzata (GAIT) sia dell’appoggio plantare, sia della mia postura statica e dinamica ricostruendo addirittura il modello 3D. A me fu veramente utile per capire le cause delle mie sensazioni di instabilità e per i fisioterapisti al fine di focalizzare il percorso riabilitativo ottimale. In un mese in pratica dovetti imparare nuovamente a camminare accorgendomi tra l’altro che avevo quasi dimenticato l’uso delle dita dei piedi. ” (G. Maldacea)
Nei pazienti avanzati il freezing è dovuto ad un disturbo cognitivo ossia il meccanismo cognitivo di controllo della marcia che viene perso. In questo caso di pazienti non migliorano con la fisioterapia o quanto meno ne beneficiano in minor misura. Sono i casi con maggior rischio di caduta. Infatti in tal caso, la raccomandazione medica è di ridurre la terapia piuttosto che aumentarla, poichè cosi si riduce l’impulsività che porta alle perdite di equilibrio.
Negli altri casi il freezing è causato dallo scompenso dopaminergico e viene classificato in quattro tipologie :
Freezing in OFF : in questo caso il freezing si presenta quando la levodopa diminuisce il suo effetto, tipicamente a fine dose. Il sintomo scompare con l’assunzione della dose successiva.
Freezing resistente : quello che non risponde alla levodopa. E’ quello più temibile e che determina più cadute. (Approfondisci Studio HTA realizzato dal Prof. Meninni per Equistasi® con il nostro contributo)
Freezing in pseudo-ON : questa è una forma più rara di freezing. Si verifica quando la levodopa non è sufficiente a migliorare la funzionalità gli arti inferiori ma migliora tutto il resto.
Freezing in ON : si presenta solo in fase di ON. E’ una tipologia di freezing rarissimo che si presenta quasi esclusivamenet nei pazienti con DBS che non hanno ridotto abbastanza le medicine oppure in quei pazienti trattati con dosi eccessive di terapia dopaminerigca. Tipicamente il paziente sta meglio la mattina prima di prendere i farmaci. Si tratta riducendo la dose di farmaci.
Concause del freezing
Abbiamo osservato che il fenomeno del freezing è spesso il risultato di più concause :
Situazioni ambientali : passaggi stretti o semplicemente l’attraversamento di una porta, cambi di direzione, attraversamento di soglie, persone che intralciano il nostro percorso;
Situazioni emotive : distrazione e stress agevolano i fenomeni di freezing. A volte abbiamo notato anche atteggiamenti chiamati “profezie autoavveranti”. In pratica ci concentriamo sulla paura che accada il freezing, ci distraiamo da quello su cui dovremmo concentrarci, ossia il cammino, e diamo modo al freezing di prendere il sopravvento;
Dolori o altre patologie legate al sistema motorio : ginocchia malandate o ernie vertebrali ovviamente non fanno altro che peggiorare la situazione. I due problemi si influenzano a vicenda, la colonna vertebrale ospita una parte del sistema nervoso centrale quindi infiammazioni croniche causate da ernie o altre patologie vertebrali vanno ad influenzare anche i sintomi propri del Parkinson. Per questo si consiglia sempre di risolvere i problemi della schiena per quanto possibile senza pensare che siano di minore importanza rispetto al Parkinson;
Problematiche legate al sistema propiocettivo e posturali. In pratica le persone con Parkinson possono avere problemi nel determinare lo spazio in cui si muovono e la posizione dei propri arti. Oltre a ciò il Parkinson comporta alterazioni posturali che peggiorano progressivamente specialmente laddove non interveniamo con attività fisioterapiche ed esercizio fisico costante e consapevole. La sommatoria di queste due problematiche – strettamente correlate fra di loro può rappresentare una concausa dei fenomeni di freezing. A livello di postura è importante comprendere esattamente cosa accade : in fase di avvio della camminata, incosciamente portiamo il peso in modo non corretto sulla pianta del piede (di solito sulla parte anteriore ma senza impegnare le dita), questo fa spostare il peso ed il busto in avanti, il ginocchio viene sollecitato eccessivamente e tende a flettersi lateralmente, la schiena tende a curvarsi in avanti, conseguentemente anche il capo si inclina verso il basso limitando la visuale.
Perchè il freezing può causare cadute
Al verificarsi del fenomeno di freezing il paziente avverte la spiacevole sensazione di essere immobilizzato. Non comprendendo cosa stia accadendo il paziente istintivamente tende a “forzare” il passo, che diventa estremamente corto, intermittente ed instabile. Specialmente nei cambi di direzione il paziente non riesce a distribuire il peso correttamente sui due piedi innescando perdite di equilibrio e quindi cadute.
Come si evita il freezing
Miglioramento della postura : abbiamo spesso sottolineato l’importanza della fisioterapia effettuata presso centri specializzati e da operatori specializzati nella nostra patologia. Non fare riabilitazione ed esercizio fisico costante consapevole comporta un peggioramento progressivo della postura e quindi tutta una serie di “danni collaterali” che non fanno altro che rendere il quadro generale ancora più grave, difficile da affrontare e fonte di demotivazione. Il problema è che più si rimanda, più la postura peggiora, più tutto il nostro sistema muscolo-scheletrico si modifica aggravando dolori e posture scorrette. Concentrazione : E’ importante concentrarsi nel momento di avviare il cammino, appena avvertiamo la sensazione di “piede incollato”. Fermiamoci, respiriamo e prima di ogni cosa verifichiamo la postura, il peso deve essere concentrato sui talloni, il corpo deve essere il più possibile eretto, le spalle aperte, lo sguardo alto, i glutei contratti. Possiamo provare ad immaginare di dover creare una linea retta tra la testa, il collo, lo sterno, il bacino e le gambe fino ai talloni. Iniziare spostando il peso da un arto all’altro per acquisirne maggior controllo e attenzione. Quindi:
evitiamo di parlare o farci distrarre da chi ci sta vicino
non parliamo al cellulare
liberiamoci di pesi, borse e buste della spesa dalle mani o se proprio non possiamo bilanciamo il carico tra lato destro e sinistro. L’uso di zainetti è preferibile rispetto alle borse a tracolla
Verificata la postura concentriamoci sui singoli movimenti, spostiamo il peso alleggerendo il piede che vogliamo che si muova per primo. Possiamo farlo anche accennando un dondolio laterale. Appena toglieremo peso dal piede il passo si avvierà. Un trucco spesso utilizzato da parte di chi ci sta al fianco è di mettere un piede di traverso al nostro costringendoci a scavalcare l’ostacolo, la necessità di enfatizzare il movimento ci potrebbe aiutare ad avviarci.
Ritmo : una volta avviato il passo può succedere di non riuscire a mantenerlo e si può ripresentare il freezing. E’ importante la forza di volontà e la concentrazione. Amplifichiamo i movimenti, alziamo le ginocchia quasi come se dovessimo marciare. Possiamo anche dare al nostro sistema un aiuto ulteriore che può essere direttamente da parte nostra o da chi ci sta vicino. Ognuno trova il proprio trucco, qualsiasi cosa va bene, l’importante è il ritmo : contiamo, facciamo battere le mani a chi ci sta vicino o chiediamo a chi ci sta vicino di camminare battendo i piedi, alcuni ascoltano musica molto ritmata o mettono le cuffiete ed una App sullo smartphone con un metronomo digitale (scaricabile da qui) Trucchi : se ci troviamo su un pavimento piastrellato forziamoci a NON pensare a “camminare” ma pensiamo a “mettere il piede destro al centro dell’incrocio tra quattro mattonelle”. Insomma inventiamoci degli obiettivi da calpestare e concentriamoci su questi per definire l’ampiezza dei nostri passi Ausili : un bastone con tre appoggi o un deambulatore possono aiutare ad alleggerire il peso dal piede ed in genere a darci maggiore sicurezza. Sono in fase di sviluppo e di commercializzazione anche dispositivi che proiettano guide laser davanti ai nostri piedi. Bicicletta : valutiamo il fatto che molti parky con una deambulazione anche molto difficoltosa riescono invece a muoversi in bicicletta. Ci sono vari studi su questo singolare fenomeno e di fatto, ad oggi, non c’è una risposta certa. I temi sono tre :
“andare in bicicletta” è un programma motorio diverso dal “camminare”;
il mantenimento dell’equilibrio richiede anche in questo caso “programmi” diversi;
la pressione sotto al piede con il terreno, percezione fondamentale per comunicare al cervello la nostra postura, in bici diviene meno importante “sbloccando” il sistema di allarme che poi porta al freezing
Adattamento degli spazi : la casa ed in genere gli ambienti che frequentiamo quotidianamente devono essere adattati PRIMA che accada un qualche incidente. Purtroppo abbiamo spesso visto che in parte per disinformazioni, in parte per “nascondere” la patologia, si rinvia l’adattamento degli spazi, come ad esempio :
eliminiamo tutto ciò che può rendere il nostro cammino difficoltoso o pericoloso (tappeti, soglie ad altezze diverse, oggetti lasciati sul pavimento magari poco visibili)
nei passaggi critici, in bagno o in genere dove ne sentiamo il bisogno installiamo maniglie o corrimano
installiamo gli adesivi antiscivolo sulle scale
installiamo luci notturne nei percorsi camera da letto – bagno – cucina
installiamo interruttori delle luci a sensore di movimento
installiamo segnali visivi che possono aiutarci nelle situazioni di freezing
Per chi ci sta vicino :
non spingerci
non metterci fretta
agevolarci per quanto possibile il percorso
comunicare tranquillità
non ripetere frasi tipo “stai calmo” o cose del genere
evitare che, in luoghi pubblici, le persone si blocchino a fissarci, la sensazione di essere osservati non fa altro che innervosirci e deconcentrarci
Abbiamo raccolto in questo documento tutte le tecniche, i consiglio e le soluzioni apprese nel corso degli anni, spiegate da pazienti esperti, caregiver, neurologi e fisioterapisti nel corso delle diverse edizioni del Parkinson Camp o apportate da membri del Gruppo FB Caregiver Italiani del Parkinson Questo elenco va considerato come una “scatola di attrezzi” da cui attingere facendo prove e valutazioni in condizioni di sicurezza (non da soli) e scegliendo le tecniche più confacenti alla propria situazione confrontandosi anche con il proprio specialista.
Documento condiviso e verificato dalla Dott.ssa Francesca Morgante
Honorary Consultant Neurologist, St. George’s Hospital, London, UK – Associate Professor of Neurology Department of Clinical and Experimental Medicine – University of Messina, Italy
Video :
In questo primo video si è sfruttato una particolare condizione di OFF indotto dalla sospensione dei farmaci per testare alcuni “trucchi”. L’obiettivo era andare dall’ascensore al vaso, aggirarlo e tornare al punto di partenza.
Nel primo tentativo – “al naturale” – il soggetto ha semplicemento cercato di concentrarsi sui passi e sul mantenimento dell’equilibrio.
Nel secondo tentativo il soggetto cammina all’indietro, così come per la bici e le scale, si attivano programmi motori diversi. Ovviamente questa NON E’ UNA SOLUZIONE perchè alquanto pericolosa.
Nel terzo tentativo il soggetto si è concentrato nel mettere i piedi al centro delle mattonelle come nello schema qui a fianco. Questa PUO’ ESSERE UN ESCAMOTAGE per gestire temporaneamente un freezing.
In questo secondo video è possibile osservare un paziente con gravi problemi legati alla deambulazione, all’equilibrio ed a fenomeni di freezing gravi. Vedrete come la stessa persona, in due momenti temporalmente contigui, seppur quasi impossibilitato a camminare riesce in un secondo momento a condurre perfettamente una bicicletta. Questo video ha stimolato diversi studi volti a valutare l’efficacia della bicicletta come strumento terapeutico e la messa a punto di metodologie riabilitative specifiche.
AGGIORNAMENTO del 10 settembre 2021
Oggi integriamo questa monografia con una scoperta che apre nuovi orizzonti, fatta grazie ad una “colonna portante” della ricerca sul Parkinson svolta in Italia. Stiamo parlando del Prof. Pezzoli e del suo inedito team italo-austriaco a sua volta composto da giovani eccellenze. Siamo venuti a conoscenza di questo studio – nella realtà pubblicato nel 2019 – solamente ora. In pratica sono riusciti a registrare l’attività della corteccia cerebrale motoria e del nucleo subtalamico prima, durante e dopo la comparsa del freezing ed è stato scoperto che durante questi episodi i pazienti mostrano una perdita funzionale della connettività tra queste due regioni cerebrali. In altre parole è come se smettessero temporaneamente di comunicare.”.
“La temporanea perdita di connessione tra il nucleo subtalamico e la corteccia celebrale potrebbe essere una delle cause del freezing della marcia, l’improvviso blocco dei movimenti che può colpire le persone malate di Parkinson. A suggerirlo è un nuovo studio, in pubblicazione sulla rivista Brain, condotto dai ricercatori dell’Università di Würzburg (in Germania). I risultati ottenuti indicano che una possibile soluzione al freezing della marcia potrebbe risiedere in un particolare impianto di stimolazione cerebrale. A Milano è stato aperto un Laboratorio Analisi del Movimento, dove i ricercatori dell’ateneo tedesco potranno portare avanti le loro ricerche assieme colleghi italiani. “Il laboratorio è stato realizzato nella struttura pubblica dell’Asst Gaetano Pini-CTO”, spiega Gianni Pezzoli, il presidente della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson. “La struttura è stata creata per acquisire nuove conoscenze sui disturbi motori, in particolar modo sul freezing della marcia, uno dei sintomi più gravi e invalidanti del Parkinson, al fine di fornire ai pazienti un trattamento e una modalità riabilitativa sempre più personalizzati”, prosegue l’esperto. Questo passo in avanti nella conoscenza del Freezing potrebbe avere una doppia valenza se i due sintomi fossero correlati.
Fonti :
Riportiamo di seguito i link ad alcuni di questi studi :
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Il presente articolo è stato scritto originariamente da volontari di WeAreParky (Giulio Maldacea, Pino Porpiglia e Lucia Roma) con la gentile collaborazione e supervisione del Dott. L. Santilio – Specialista in Fisiatria, Master II livello : Disturbi del movimento e patologie neurodegenerative. Successivamente è stato implementato grazie al gentile apporto della Prof.ssa Francesca Morgante – Università di Messina.
La malattia di Parkinson è stata descritta per la prima volta 200 anni fa. Ad oggi non esiste una cura, non sappiamo quanti malati ci sono in Italia, non sappiamo dove sono, non sappiamo come vengono curati e di cosa hanno bisogno.
Sappiamo che la malattia negli ultimi anni colpisce sempre di più anche i giovani e che i malati sono raddoppiati negli ultimi 8 anni.
Purtroppo la mancata conoscenza della patologia, i pregiudizi, la società moderna che non ammette ingranaggi più lenti ci ha portato a divenire una comunità di invisibili.
Ora però, grazie anche all’operato delle Associazioni e del Comitato Nazionale, vogliamo che le persone con Parkinson conoscano i loro diritti nei vari ambiti. Sicuramente dobbiamo lavorare ancora molto per ottenere un completo riconoscimento di quanto ci spetta ed una qualità dell’offerta terapeutica perlomeno esaustiva ma intanto conosciamo meglio i nostri diritti e facciamoli valere denunciando INSIEME eventuali difficoltà o ingiustizie.
Di seguito riportiamo i nostri diritti classificati in diversi ambiti :
Rispondiamo collettivamente alla domanda che molti ci pongono quotidianamente ed ancor più d’estate. Cosa e come dovremmo bere ?
Per prendere le medicine orali il consiglio che molti neurologi danno è acqua a temperatura ambiente o leggermente fresca – NON GHIACCIATA -. evitando cosi anche spiacevoli conseguenze come la congestione.
Per le medicine solubili (ad esempio il Sirio® che si scioglie spesso male rimanendo in parte nel bicchiere o sul cucchiaino), è preferibile utilizzare acqua frizzante o gassata. Per chi prende la vitamina C tramite Cebion o Magnesio Supremo (in questo caso si suggerisce acqua tiepida) si può prendere contemporaneamente. Per chi soffre di tremore la difficoltà del Sirio® a sciogliersi può diventare un problema importante dato che il classico movimento rotatorio del cucchiaino risulta essere impossibile.
In questi casi, volendo risolvere autonomamente, abbiamo osservato due tecniche.
La prima è quella di impiegare due bicchieri uguali, usare il primo mettendo acqua e pastiglia solubile, poi versare il contenuto da un bicchiere all’altro fino ad avvenuto scioglimento.
La seconda soluzione l’abbiamo vista adottare dai parky “senior” che usano la cannuccia per ovviare ai problemi di disfagia. Soffiando moderatamente nella cannuccia lasciata immersa nel bicchiere si producono delle bolle che agevoleranno lo scioglimento del farmaco.
Alcuni parky trovano beneficio nell’assumere le dosi di Levodopa sorseggiando del Tè verde, in particolare la qualità giapponese “Matcha” in infusione.
Il Tè verde è ricco di sostanze – la L-Theaina in primis – che agevolano la produzione di Dopamina.
Alcuni “colleghi” d’estate preparano al mattino una bottiglia da un litro o due con due o quattro bustine di Tè verde – o equivalente in infusione – che usano nel corso della giornata.
Le bevande alcoliche sono fortemente sconsigliate perchè possono ridurre sensibilmente l’effetto benefico dei farmaci e di alcune integrazioni come la vitamina B1.
Sono altresì sconsigliate tutte le bevande ghiacciate e molto gassate perchè possono complicare la fase digestiva ed arrecare danno all’apparato digerente che per noi è molto importante mantenere in perfetta efficienza visto che è la via attraverso il quale assimiliamo i farmaci.
Riportiamo infine il consiglio dei “tre bicchieri” : per accelerare l’entrata in azione delle medicine assunte oralmente si suggerisce di bere tre bicchieri in sequenza dopo aver ingoiato la pasticca, l’acqua le farà superare più rapidamente lo stomaco facendola entrare nell’intestino tenue dove avviene effettivamente l’assimilazione.
Per i parky che hanno problemi nella deglutizione (disfagia) ricordiamo che :
la prima cosa è la posizione durante la deglutizione : busto eretto, piedi ben poggiati a terra e possibilmente avambracci appoggiati sui braccioli
l’ambiente deve essere accogliente, luminoso e deve mettere a proprio agio la persona
chi assiste deve trovarsi di fronte ed alla stessa altezza degli occhi
sono sconsigliati tutti gli alimenti che hanno consistenza mista (liquida, cremosa e solida)
le bevande liquide possono essere assimilate tramite una cannuccia magari di dimensioni generose
Non era mai stato fatto. Esistevano elenchi di Associazioni ma limitati all’appartenenza a talune confederazioni o gruppi. Noi di WeArePrky crediamo nella condivisione e pensiamo che il nostro parkinson sia uguale a quello di tutti gli altri fratelli e sorelle parky che combattono ogni giorno per avere una qualità di vita migliore. Per questo motivo, con fatica, abbiamo realizzato questo censimento trasversale e nazionale. Il censimento si riferisce alle associazioni costituite in forma no-profit. Inviatiamo a controllare l’elenco e comunicarci tempestivamente aggiornamenti o nuovi inserimenti da fare. L’iscrizione OVVIAMENTE è gratuita e non comporta alcun onere.
RINGRAZIAMO TUTTI I VOLONTARI
CHE SI SONO ADOPERATI PER LA REALIZZAZIONE DELL’ARCHIVIO.
Grazie alla segnalazione di una caregiver riportiamo di seguto il link per scaricare la guida ufficiale ed aggiornata a gennaio 2017 predisposta dall’Agenzia delle Entrate dedicata alle persone con disabilità.
In particolare le agevolazioni sono :
detrazioni IRPEF per figli a carico
agevolazioni per l’auto : detrazione Irpef, Iva agevolata al 4%, esenzione dal bollo auto, esenzione dall’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà
detrazione Irpef del 19% della spesa sostenuta per i sussidi tecnici e informatici
Iva agevolata al 4% per l’acquisto dei sussidi tecnici e informatici
detrazione Irpef delle spese sostenute per la realizzazione degli interventi finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche
deduzione dal reddito complessivo dell’intero importo delle spese mediche generiche
deduzione dal reddito complessivo degli oneri contributivi
detrazione Irpef del 19% delle spese sostenute per gli addetti all’assistenza personale
Ricordiamo che alcune agevolazione sono sottostanti alla reale disponibilità di soldi dell’organo di competenza territoriale che vi può rispondervi : “Lei ha diritto a questa agevolazione ma non posso erogarla perchè abbiamo esaurito il budget annuale.”
Scarica gratuitamente la “Guida Agevolazioni persone con disabilità” aggiornata a gennaio 2017 direttamente dal sito della Agenzia delle Entrate
La Levodopa (o L-Dopa) è di fatto il principio cardine nel trattamento dei sintomi del Parkinson. La terminolmogia medica lo definisce “golden standard” o farmaco di prima scelta.
La storia della L-Dopa è ricca di coincidenze e colpi di scena, incredibilmente per tanti anni è stata una medicina “orfana di patologia”, nel senso che chi l’aveva sintetizzata non sapeva come impiegarla, si era capito che per le sue peculiari caratteristiche poteva essere molto utile ma non si capiva il reale campo di applicazione.
Le ricerche di Torquato Torquati, un farmacologo di Sassari, sulla Vicia Faba (una fava verde) nel 1913 lo porteranno ad identificare una strana sostanza contenente azoto. In quegli stessi anni il dott. Guggenheim che lavorava per una società farmaceutica svizzera Hoffman-La Roche, all’epoca una piccola azienda da 150 dipendenti, venne a conoscenza dei risultati di Torquati e grazie ai fondi messi a disposizione dall’azienda portò avanti le ricerche arrivando ad identificare la Levodopa vegetale presente nelle fave.
Fritz Hoffmann
1912. Una coincidenza incredibile
Il lavoro fu agevolato dalla coincidenza che il fondatore della Roche, Fritz Hoffmann, fosse un estimatore culinario della fava stessa e ne mise a disposizione grandi quantità e varietà. Il processo di estrazione ne richiede infatti quantità minima di 10 Kg e la fortuna volle che il sig. Hoffmann era proprietario di una estesa coltivazione proprio ai confini della Roche.
Il dott. Guggenheim
Estratta la sostanza Guggenheim cominciò a cercare un impiego terapeutico per dare un senso commerciale alla sua ricerca. Tentò prima di impiegarla come antibatterico ma i test condotti su cavie animali non diedero risultati. Condusse altri test, tutti infruttuosi. Disperato nel 1915 inghiottì 2,5 grammi di L-Dopa assoluta, una quantità enorme non tollerabile dal corpo umano, infatti si sentì male dopo pochi minuti colpito da convulsioni e vomito che lo porterà a dichiarare che aveva pensato di morire. La sua goffaggine lo porta anche a provocare un grave incidente di laboratorio a causa del quale perderà completamente la vista. Riprenderà le ricerche nel 1918 coadiuvato dalla sua assistente, la signorina Schramm, la quale gli “presterà” di fatto la vista, leggendo tutto quello che desiderava e scrivendo i risultati sotto dettatura. Nel primo trattato di 376 pagine “Le ammine biogene” la L-Dopa fu citata solo due volte vista la “inutilità” commerciale.
Nel 1920 finalmente si riuscì a sintetizzare industrialmente la Levodopa che fu messa a disposizione dei ricercatori di biochimica. All’epoca si era compresa la relazione tra levodopa ed adrenalina e la formazione della melanina senza però scoprirne il ruolo biologico. Passarono ancora 30 anni e nella quarta edizione del suo trattato che oramai è arrivato a 650 pagine, Guggenheim completamente scoraggiato, definisce la L-Dopa : ”orfana senza alcuna indicazione apparente”.
Una rarissima foto dei laboratori de La Roche degli anni ’50
1960. La Benserazide – un altro orfano
Negli anni ’60 la Roche cercava di mettere a punto un farmaco per il controllo dell’ipertensione arteriosa, nell’ambito di tali studi si mise a punto la Benserazide – molecola Ro-4-4602 – uno dei più potenti inibitori della decarbossilasi che, sulla carta, avrebbe dovuto consentire un migliore controllo della pressione sanguigna dell’uomo. I test però purtroppo furono negativi e la Ro-4-4602 venne abbandonata come progetto.
Il dott. Birkmayer a sinistra ed il dott. Hornykiewicz a destra
1961. La Levodopa trova un impiego
Nel 1961 Walther Birkmayer utilizzò la levodopa per il trattamento di alcuni pazienti parkinsoniani dietro suggerimento dei biochimici Ehringer e Hornykiewicz, che avevano riscontrato un basso contenuto di dopamina nel cervello di pazienti deceduti per la malattia di Parkinson.
Visti gli effetti spettacolari ottenuti, Birkmayer si recò a Basilea per convincere la società Roche a produrre la levodopa su larga scala e ad intraprendere studi clinici più allargati.
La casa farmaceutica Roche aderì alla richiesta nonostante i risultati ottenuti da Birkmayer fossero contestati da vari ambienti scientifici che subivano spinte economiche ed invidie accademiche, le stesse che suggerirono di somministrare ai pazienti, insieme alla levodopa, un po’ di benserazide. La potente inibizione della decarbossilasi esercitata dal farmaco avrebbe dovuto impedire la trasformazione della levodopa in dopamina e quindi annullare ogni effetto clinico. Grande sorpresa quando, dopo qualche tempo, Birkmayer riferisce che non solo la benserazide non ha diminuito l’attività della levodopa, ma che anzi l’ha notevolmente aumentata.
Dovranno passare altri 6 anni prima che il ricercatore biochimico Giuseppe Bartolini definirà meglio l’interazione della Benserazide nella trasformazione della L-Dopa in dopamina, fu lui infatti a chiarire per primo la caratteristica della Benserazide di non attraversare la barriera ematoencefalica e quindi di poter “accompagnare sana e salva” la L-Dopa fino alla emobarriera.
Il Dott. Cotzias nel suo laboratorio negli USA
Nel 1970 gli studi condotti negli USA dal dott. Cotzias convinceranno finalmente la Roche a rendere disponibile la L-Dopa sul mercato. In questo video dell’epoca si può vedere uno dei primi pazienti trattati con L-Dopa :
Tra il 1970 ed il 1973 furono fatti gli studi necessari a determinare il rapporto esatto tra Benserazide e L-Dopa per assemblare un farmaco che includesse entrambi i principi.
1973. Immissione sul mercato di Madopar e Sinemet
Nel luglio del 1973 viene immesso sul mercato il Madopar e pochi mesi dopo il Sinemet. In Italia i farmaci furono autorizzati poco dopo, a febbraio del 1974 il Madopar e ad ottobre dello stesso anno il Sinemet.
Da allora i due farmaci non hanno subito praticamente variazioni se non che nel 1986 vengono immesse sul mercato le versioni a rilascio modificato, il Madopar HBS e Sinemet CR, che dovrebbero garantire un assorbimento più lento e quindi con curve più morbide e minori problemi di Off. In realtà l’esperienza clinica ha evidenziato che i subprocessi di rilascio modificato sono estremamente soggettivi ed anzi a volte causano problemi di “accumuli” che rendono le fasi di On ed Off ancor più difficili da gestire.
Articolo scritto originariamente dalla redazione dell’Associazione WeAreParky ONLUS. Successivamente l’articolo è stato revisionato e verificato dal Dott. Fabrizio Angeloro
Molte delle immagini e delle notizie citate sono state fornite da utenti della comunità internazionale https://healthunlocked.com/cure-parkinsons